Racconti fugaci

Racconti fugaci

“Scrivere è una forma sofisticata di silenzio.”
Alessandro Baricco

Lago cheto, monti scuri, bosco silente.
Neanche quella quiete apparente riusciva a distrarlo dalle proprie inquietudini, e da quella convinzione di estraneità nei confronti del mondo.
Non serve guardarsi intorno in cerca di pace quando è il proprio cuore ad urlare continuamente.

Cielo offuscato, aria umida, finestrini appannati.
Cantavano su quella strada senza meta a dispetto di guai e passi falsi, gustandosi quella loro amicizia apparentemente impossibile, intrisa di salvifica complicità
Oltre il recinto dei pregiudizi esistono scoperte sorprendenti.

Città rumorosa, traffico intenso, luci artificiali.
Per quanto si sforzasse, il sapore di quel bacio rubato sembrava impossibile da dimenticare, nonostante lo scorrere degli anni e quel tentativo inefficace di incolpare un destino beffardo.
Non esiste armatura per certi ricordi.

Orizzonte buio, luna celata, vento tagliente.
Immobile, incrociava le braccia stretta nel suo cappotto, quasi grata a quel dolore di un tempo passato, pioniere inopinabile di quella nuova lei.
A volte, la vita riesce a trasformare in scrigno proprio la ferita più profonda.

Stanza in penombra, candele accese, dolce tepore.
Sdraiato su quel vecchio divano fantasticava sulle note di Enjoy the Silence, pensando a lei e a quel sentimento improvviso, una musica allietante sul frastuono del mondo.
Due cuori sovrapposti danzano sempre sulla stessa melodia.

Cielo variegato, nuvole multiformi, foglie rossicce.
Dalla panchina di quel parco desolato, in fondo, tutto le sembrava al proprio posto, persino quei pensieri disordinati e quell’intreccio di emozioni variopinte.
Chi vive di sfumature, coglie anche i colori più impensabili.

Sgabello in legno, tazza grande, occhiaie profonde.
Sorseggiava sbadatamente il caffè bollente dopo l’ennesima notte insonne, contemplando il nulla ed in balia di una stanchezza che avvolgeva l’anima.
Non serve chiudere gli occhi se quello che non si vuole scorgere è dentro di sé.

Città buia, aria fredda, passo veloce.
Avvolto da una foschia poetica, percorreva quell’ultimo tratto di strada con il cuore in gola e gli occhi luccicanti di incerto, sedotto da quel salto nel vuoto trasudante passione e squilibrio.
La follia è l’unica via per l’irraggiungibile.

Letto disfatto, lampada accesa, coperta scozzese.
Con la testa sul petto di lui fissava il fuoco del camino crogiolandosi tra le sue braccia, lasciandosi cullare dal crepitio della legna ardente e da quella beata sensazione di pace.
Il cuore ha casa dove gli occhi brillano.

Cielo indaco, sole calante, prati smeraldini.
Sorrideva leggera, ripensando a quei giorni cupi ormai lontani in cui tutto sembrava opprimente, godendosi finalmente quei pensieri sgombri da ogni mania di controllo.
Non esiste conquista che non sia passata per qualche battaglia.

Alberi spogli, foliage, respiro lento.
Si lasciava accarezzare il viso da una pioggia fine respirando ad occhi chiusi un’aria intrisa d’autunno, rifugiandosi nei paesaggi fantastici di un mondo interiore ancora tutto da scoprire.
Si può vivere nel sole anche sotto un cielo nero.

Mani infarinate, piano in disordine, profumo di buono.
La osservava divertito muoversi in quella danza di gesti apparentemente impercettibili, ancora più ammaliato dalla sua spontaneità e da quel modo di esser sempre impavidamente se stessa.
L’autenticità ha difetti incantevoli.

Striature rosate, nuvole trasparenti, occhiali a specchio.
Percorreva la strada verso casa in balia di un groviglio di pensieri confusi, con la testa bassa e quel senso di smarrimento sempre più asfissiante.
Quando è la paura ad avvolgere il cuore, anche respirare diventa arduo.

Folate fresche, carrareccia bagnata, spighe dorate.
Nuvole in rapida dissolvenza, profumo di pioggia passata ed una pace interiore percepita ancora come un miraggio, in quella battaglia senza respiro con se stesso.
Il cielo è sempre perturbato per chi i fulmini li ha negli occhi.

Luce dolce, sguardo trasognato, maglietta stropicciata.
Ordinava sorridente i libri sul comodino, con i pensieri in disordine ed il sapore di lui ancora vivo nei suoi sensi, sorpresa da quel mondo di sensazioni sconosciute ed improvvise.
Ciò che accade nel cuore cesella l’anima.

Pioggia fitta, portico desolato, sigaretta consumata.
Osservava le pozzanghere scure, cercando in quella tormenta interiore la forza per spezzare quelle catene immaginarie e correre finalmente sul ciglio dell’impensabile.
A volte è proprio una vertigine a regalare l’equilibrio.

Palazzi scuri, cielo grigio cenere, stivali alti.
Cranberries nelle orecchie e le note di Dreams a portarle sprazzi d’azzurro nello sguardo e nella mente, alimentando quel volo tra nuove speranze e infinite possibilità.
Il panorama è meraviglioso dalla nuvola dei propri sogni.

Pioggia battente, nuvole fitte, cappuccio blu.
Non c’era luce in quello sguardo stanco, sempre più appesantito da quel vuoto ingombrante con cui, malgrado gli anni trascorsi, non aveva ancora imparato a convivere.
L’orizzonte è scuro quando l’anima brucia senza rischiarare.

Cielo cupo, ciottolato, fontana zampillante.
Osservava le foglie spinte dal vento in quella piazza deserta, immaginando il giorno in cui si sarebbe sentita leggera, libera finalmente di poter sbagliare strada.
L’unico tragitto privo di rimpianti è quello tracciato dall’istinto.

Cielo stellato, luna calante, occhi sbadati.
Camminava lento, ritrovandosi ancora a cercarla negli occhi neri di certe sconosciute, riassaporando quel bacio al gusto di una notte indimenticabile, ghiotta di anime e corpi.
Per un cuore deluso, la nostalgia è una medicina amara.

Rami robusti, profumi di bosco, foglie aranciate.
Camminava tra ammalianti speranze e ricci colmi di castagne, con il cuore in volo tra morbide planate ed aspre pareti rocciose, e la mente persa in nuovi possibili guai.
E’ sempre dolce abbandonarsi alle effusioni di un’illusione.

Stanza spoglia, pareti color tortora, pavimento ricoperto di teli.
Capelli raccolti, mani sporche di tempera ed il pensiero a quella notte di un autunno passato, a quelle lacrime silenziose e alla sua voglia di ritrovarsi.
Talvolta basta una scintilla per riscoprirsi fuoco.

Cielo chiuso, rami sottili, foglie secche.
La guardava divertita salire e scendere da quel vecchio scivolo in ferro, da qualche tempo teatro di risate e spensieratezza, rifugiandosi in quegli attimi per nascondersi al mondo intero.
Certi occhi sono come appigli nella tempesta.

Cielo opaco, luce tenue, foschia pomeridiana.
Sotto il portico in legno sorrideva sollevato, alleggerito da quel perdono concesso dopo anni di risentimento, in grado di liberare la sua anima da quell’inutile e debilitante prigionia.
La gabbia del rancore ha sbarre invisibili.

Collina assolata, filari rigogliosi, grappoli dorati.
In piedi, osservava sorridente quell’antico vigneto, con le mani sporche di uva e occhi lucenti, inumiditi finalmente da lacrime di sola gioia ed instancabile tenacia.
Sono i sogni impossibili a dar forza alle proprie ali.

Persiane socchiuse, tende chiare, sprazzi di luce.
Adagiato sul letto la osservava dormire, sfiorandole i capelli arruffati e godendo di quella dolcezza innata, linfa vitale di quella nuova radiosa vita.
Chi brilla di luce propria spesso è inconsapevole della luce che diffonde.

Cielo striato, via silente, lievi folate di vento.
Appoggiato alla ringhiera respirava quella calma illusoria inquinata dalla frenesia quotidiana dei suoi pensieri, bramando un silenzio interiore all’apparenza sempre più improbabile.
Niente è più desiderabile dell’impossibile.

Pioggia fine, mare mosso, strada deserta.
Finestrini lievemente abbassati, mani intrecciate, Everlong sulle labbra e la voglia di lasciarsi andare, di gettarsi abbracciati in quella passione ignota e impetuosa, godendosi quel nuovo panorama.
Non c’è viaggio più bello dell’amore.

Aria mite, sentiero terroso, odore di resina.
Le foglie scricchiolavano sotto il suo passo sempre più slanciato, veloce, come per non farsi afferrare dalla realtà, come per spingere la sua mente tra le nuvole più alte di quel cielo astratto.
Nel vento, i desideri, corrono veloci.

Stanza ariosa, libreria colma, scrivania in legno.
La penna a sfera scivolava dolcemente imprimendo su qui fogli bianchi stati d’animo e paure, emozioni e tormenti, nell’unico modo che conoscesse per far gridare la propria mente.
Ogni cuore conosce le urla dei propri silenzi.

Cielo fosco, sole tiepido, posacenere pieno.
Sigaretta spenta tra le dita, mano tra i lunghi capelli castani ed il triste sospetto che neanche il tempo sarebbe riuscito ad attenuare il rammarico di quelle parole non dette.
Niente lacera più dei frantumi dei sogni infranti.

Cielo coperto, acqua stagnante, ninfee bianche.
Correva sciolto, leggero, ormai libero da quella corazza plasmata nel tempo deposta solo grazie alla sua dolcezza, e a quegli occhi blu in cui sentirsi finalmente a casa.
Esistono abbracci in grado di disarmare qualsiasi guerriero.

Nuvole dense, tavolino in ferro, aria pungente.
Bracciale in acciaio, calice di vino rosso tra le mani ed un sorriso malinconico, amaro, rassegnato ormai a quell’idea beffarda in cui lui, nonostante tutto, non avrebbe mai smesso di aspettarla.
Da certi sogni non si va mai via.

Foglie morte, altalena, sole celato.
Nel suo vestito lungo e con l’anima pesante si dondolava pigramente a ritmo di quella delusione sconfortante, alimentata dalle menzogne raccontate a se stessa per troppo tempo.
In un cuore ferito, i fiori dell’amarezza sbocciano senza luce.

Cielo terso, sole autunnale, brezza marina.
Piedi scalzi ad affondare nella sabbia, lo sguardo verso l’orizzonte ed il pensiero che forse, in quella ferita profonda ed invisibile, ci fosse una nuova audacia ad attenderlo.
Ognuno ha la propria onda, basta solo saper aspettare.

Tende lunghe, luce ovattata, profumo di caffè.
Fogli scarabocchiati, pastelli colorati ed Eddie Vedder a risuonare nella stanza, ad accompagnare le sue mani ed il suo istinto in quella danza fatta di linee astratte ed infinite sfumature.
Fuori dai bordi la vita profuma di vero.

Buio, pioggia lieve, fulmini.
Camminava con gli occhi rivolti a terra verso il suo cielo d’asfalto stringendo con tutte le sue forze quel sogno audace, immaginando il giorno in cui avrebbe nuovamente rialzato la testa.
Nell’oscurità, è la speranza a plasmare l’irrealizzabile.

Luce color ghiaccio, raccoglitori grigi, file di numeri.
Camicia azzurra, sguardo assente e l’amara impressione di aver vissuto fino a quel momento una vita non sua, agendo solo per un inutile quieto vivere.
La sentenza più dolorosa è spesso quella emessa contro se stessi.

Sfumature aranciate, querce secolari, panchina in legno.
Avvolta nella sua lunga maglia percepiva le carezze di quelle pagine ormai sgualcite, di quei versi concisi in grado ogni volta di illuminarle un nuovo varco invisibile.
I tramonti più belli hanno la luce delle poesie.

Sole nascosto, prato umido, castagni rigogliosi.
La vecchia casa nel bosco faceva breccia nella sua memoria, riportandola ad un tempo fatto di scoperte, racconti, profumi di forno e mani calde a scompigliarle i capelli da bimba.
Le carezze sono le parole più dolci da ricordare.

Vento freddo, cielo nero, sigaretta accesa.
Giacca di pelle a collo alto, dondolio delle gambe e quel folle desiderio di condividere il respiro con il suo, in un abbraccio in cui sentirsi a casa, per una notte o per tutta la vita.
Nel buio, l’immaginazione, splende di possibile.

Travi a vista, letto ampio, barba incolta.
Angosciato, si rigirava tra le lenzuola sgualcite, mentre una pioggia timida batteva sul lucernario, scandendo il ritmo di una nostalgia alimentata dai perché.
Non c’è tregua nell’agonia dei rimpianti.

Foschia, nuvole bianche, prime foglie ingiallite a terra.
Felpa blu, occhi assonnati e la notte appena trascorsa a fare da sfondo a quel batticuore, al ricordo indelebile del viso e delle risa di lei.
Certi sorrisi sembrano disegnati apposta per tuffarcisi dentro.

Nuvole grigie, sentiero umido, odore di terra bagnata.
Neanche uno splendido mare argentato riusciva a distrarlo dall’idea impossibile di una storia con lei, tanto dissennata quanto trascinante, con cui scottarsi inevitabilmente.
La fantasia è un incendio difficile da domare.

Cielo velato, campanile, viavai.
Camminava assorto, senza che il vociare dei passanti attenuasse il rumore dei pensieri, il fuoco dei suoi dubbi e quell’invasivo senso di inadeguatezza.
La serenità è un percorso senza indicazioni.

Nuvole grigie, strada sterrata, passo svelto.
Cappuccio sulla testa, sorriso appena abbozzato e un nuovo sguardo fiero, carico di soddisfazione per averci provato.
Dalla paura, rinasce solo chi osa.

Cielo grigio, finestra socchiusa, poltrona in pelle.
Sguardo perso nel vuoto, lacrime cocenti a rigarle il volto e l’ostinato rifiuto di accettare quel finale amaro scritto ormai da mesi, da quelle mani un tempo complici e accoglienti.
Il dolore insegna solo a chi sa ascoltare.

Tramonto, capelli raccolti, matita tra i denti.
L’aereo attraversava il cielo verso una nuova vita, tanto ignota quanto agognata, in direzione di quel sogno proibito, da sempre oggetto di scontro tra mente e cuore.
Senza il vento del coraggio, l’aria può diventare opprimente.

Luce soffusa, camino acceso, vino rosso.
Gli occhi a scrutare il cielo buio, la mano in quella di lui e l’inattesa volontà di tornare a rischiare, di affrontare quei demoni tanto temuti.
Il sentiero di una favola ha ripe scoscese.

Lago color argento, riva sassosa, pugni stretti.
Una maglia scura ad abbinarsi alla sua pelle e alla sua costante sensazione di insoddisfazione, alla necessità continua di stupore, stimoli, scoperte.
Non esiste meta per gli irrequieti.

Brezza lieve, sole timido, gocce di rugiada.
Spingeva forte sui pedali affrontando la salita in compagnia di quella fantasia, in cui il mare avrebbe fatto da sfondo al loro incontro, al loro abbraccio.
Ogni sogno ha il suo mattino.

Luce fredda, scrivania, portatile.
Gli occhi distratti e sorridenti fissavano lo schermo luminoso, mentre la mente la riportava al disordine della sera prima, a quelle mani sulla schiena, al profumo della sua pelle.
Si può impazzire senza una follia da inseguire.

Vento, panchina, profumo di salsedine.
Oceano Mare tra le mani, il sogno di almeno una notte alla locanda Almayer e quella voglia di rifugio, distante dalla sua confusione.
Lasciare andare il passato è l’unico modo per riconquistare se stessi.

Cielo azzurro, strada libera, occhiali da sole.
Blitzkrieg Bop ad inondare l’abitacolo, strofe a squarciagola e quel desiderio irrefrenabile di fuga dalla realtà.
Nulla è più seducente di immaginarsi lontano, nei luoghi irraggiungibili dell’altrove.

Luci al neon, orologio grande appeso alla parete, gente in fila.
Una camicia di jeans indosso, ricordi ostili ad ostacolargli la strada e quella voglia di non mollare, nei suoi occhi lucidi e caparbi.
C’è sempre della voglia di non arrendersi in ogni cuore che pulsa di vita.

Luce calda, specchio, rasoio.
La lama scorreva asportando schiuma, barba e lacrime, accarezzando quel nodo alla gola e quelle strane mancanze.
Non si hanno mai abbastanza fogli per scrivere i ricordi di tutto ciò che non è stato.

Stufa accesa, fiamma viva, profumo di legna bruciata.
Riparandosi dalle insicurezze sotto una vecchia coperta rossa, si perdevano l’uno nelle braccia dell’altra, godendosi quell’inattesa complicità e le vertigini delle loro labbra.
Non tutti i baci hanno il colore del fuoco.

Cielo scuro, querce vigorose, passo sicuro.
Anarchy in the U.K. a scandire il ritmo della sua corsa, gocce di sudore ad imperlarle la fronte e quella grande paura di illudersi ancora in contrasto con il pensiero degli occhi di lui.
Certi sguardi non prevedono via di fuga.

Sole pallido, cipressi, asfalto scuro.
In sella a quella vecchia moto affrontava euforico le ultime curve verso lei, un rifugio di abbracci, gesti semplici e ricci neri, un’ancora di salvezza nella bufera della sua vita.
La felicità ha gli occhi di chi ti fa sorridere il cuore.

“Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto.”
Italo Calvino

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